L’art. 8 comma 4 della legge n. 223/91 prevede che: “Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore….”.

Tuttavia, l’impresa non ha diritto al riconoscimento del diritto all’indennità di cui all’art. 8 comma 4 per quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume, ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo.

Sulla materia è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con sentenza n. 18766 del 14 settembre 2011.

La Suprema Corte ha, preliminarmente, osservato che il beneficio in questione non spetta in tre diverse ipotesi:

1) quella di riassunzione di lavoratori licenziati presso la “medesima azienda” entro sei mesi;

2) quella di assunzione di lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa che presenta assetti proprietari coincidenti con quella dell’impresa che assume;

3) quella di esistenza di un rapporto di collegamento o controllo tra l’impresa che mette i lavoratori in mobilità e l’impresa che assume. Con riferimento a quest’ultima ipotesi la Cassazione ritiene che il rapporto di collegamento o controllo non debba essere interpretato in senso restrittivo alla luce di quanto previsto dall’art. 2359 cod. civ., ma debba ricomprendere pure quei rapporti tra imprese che si traducano, sul piano fattuale, in condotte costanti e coordinate di collaborazione e di comune agire sul mercato, in ragione di un comune nucleo proprietario o di altre specifiche ragioni attestanti costanti legami di interessi anche essi comuni (legami di coniugio, di parentela, di affinità o finanche di collaudata e consolidata amicizia tra soci, ecc.) che conducano ad “ideare,  fare, attuare operazioni coordinate di ristrutturazione comportanti il licenziamento da parte di un’impresa e l’assunzione di lavoratori da parte dell’altra e che oggettivamente attestino l’utilizzazione dei benefici per finalità diverse da quelle per le quali essi sono stati concepiti”.

Tale sentenza si segnala perché, per escludere i benefici di legge non ritiene necessaria la sussistenza dei criteri “tecnici” di “collegamento e controllo” richiamati dall’art. 2359 cod. civ., bensì considera sufficiente il “comune agire sul mercato” che, nel caso di specie, viene individuato nell’operazione, vista nel suo complesso, di cessione di ramo d’azienda occulta, di licenziamento dei lavoratori e loro riassunzione, di vendita di macchinari all’impresa cessionaria, di coincidenza dei soci.