La riforma del mercato del lavoro attualmente all’esame del parlamento ha previsto importanti novità in tema di forme contrattuali flessibili.

Per quanto concerne il part time, al fine di contrastare abusi,  viene introdotta una comunicazione amministrativa obbligatoria, contestuale al preavviso (oggi pari a 2 giorni lavorativi, salvo diversi accordi delle parti) da dare al lavoratore qualora vengano richieste variazioni di orario con clausole elastiche o flessibili nei part time di tipo verticale o misto.

L’obbligo di effettuare la comunicazione amministrativa (snella, anche tramite messaggio telefonico) viene esteso anche al contratto di lavoro intermittente, onde evitare forme di impiego irregolare.

Stessa logica di comunicazione snella anche nel caso di lavoro accessorio, il cui campo di applicazione dovrebbe essere ristretto.

Anche il contratto a progetto viene sostanzialmente rivisto in chiave restrittiva, prevedendosi anzitutto una definizione più stringente del “progetto” e l’abolizione del cd “programma”. Inoltre, nel caso in cui l’attività svolta dal collaboratore si riveli analoga a quella dei lavoratori dipendenti del committente, si introduce la presunzione di subordinazione (presunzione che può essere vinta mediante prova contraria). Altra significativa modifica consiste nell’eliminazione ope legis della facoltà per il committente di recedere dal contratto anticipatamente rispetto alla naturale scadenza in assenza di una giusta causa. Infine, si prevede un ulteriore aumento delle aliquote contributive, al fine di proseguire il percorso di avvicinamento alle normali aliquote relative al lavoro dipendente vero e proprio.

Anche per l’associazione in partecipazione è previsto un vero e proprio “giro di vite”. Anzitutto – fatto salvo il caso dell’ambito familiare e le attività aventi elevato contenuto professionale – viene limitato il numero massimo degli associati, così che l’associazione possa essere lecitamente attuata solo nelle piccole attività (la bozza del Governo parla di 5 soggetti, associante incluso). Inoltre, si applica la presunzione di subordinazione (salva la possibilità di fornire la prova contraria) nel caso in cui l’associato non partecipi effettivamente agli utili e non riceva il rendiconto.

Allo scopo di contrastare l’abuso del ricorso alle collaborazioni professionali con titolarità della partita IVA, si presume che la collaborazione abbia non già natura occasionale ma coordinata e continuativa (e quindi convertibile in contratto di lavoro subordinato laddove difetti un progetto credibile) ogni volta in cui: a) la collaborazione duri più di 6 mesi nell’arco di un anno; b) anche se fatturati a diversi soggetti (riconducibili però alla medesima attività imprenditoriale), il collaboratore ricavi da essa oltre il 75% dei propri corrispettivi; c) il collaboratore fruisca di una postazione di lavoro presso il committente.
E’ prevista la possibilità della prova contraria (a carico del committente), mentre restano escluse da tale restrizione le collaborazioni professionali che coinvolgono professionisti iscritti ad albi per le attività riconducibili (almeno in via prevalente) all’attività professionale contemplata dall’albo di riferimento.