untitledIl DDL di conversione in legge del decreto fiscale, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili, collegato alle legge di Bilancio 2017 sembra risolvere una questione interpretativa insorta tra prassi amministrativa e giurisprudenza di legittimità sui confini e sulla corretta qualificazione del lavoratore trasfertista.

Più in particolare, nell’ambito del rapporto di lavoro dipendente, sono sorti problemi interpretativi con riguardo alla corretta efficacia del regime agevolato Irpef da applicare ai trasfertisti.

L’articolo 7-quinquies del D.L. n. 193/2016, difatti, interviene sull’articolo 51, comma 6, del Tuir, fornendo una interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito dei lavoratori in trasferta e trasfertisti.

Secondo la definizione in ultimo data dalla Suprema Corte con sentenza n. 3066 del 17 febbraio 2016, sono “ trasfertisti” quei lavoratori che espletano la propria prestazione lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi da quello della sede o di altro stabilimento aziendale.

L’art. 51 del Testo Unico dispone che tutte le indennità e le maggiorazioni retributive spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento di attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere continuativo, concorrono a formare il reddito nella misura del 50% del loro ammontare.

Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile, perciò, occorre considerare le concrete caratteristiche della prestazione, che deve essere appunto “resa in luoghi sempre variabili e diversi” e non alla modalità di corresponsione degli emolumenti. Inoltre, le indennità e maggiorazioni devono essere corrisposte per tutti i giorni retribuiti (compresi i giorni festivi, ferie, malattia), senza distinguere se il dipendente si è recato o meno effettivamente in trasferta.

 Tuttavia, il D.L. n. 193/2016 introduce una norma interpretativa sulle agevolazioni Irpef applicabili ai trasfertisti stabilendo che il comma 6 dell’articolo 51 del Tuir, va interpretato nel senso che i tali lavoratori possono accedere al beneficio previsto dell’abbattimento al 50% del reddito imponibile percepito a titolo di indennità e premi, laddove soddisfino contestualmente tutte le seguenti condizioni:

  1. la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;
  2. lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la mobilità continua del dipendente;
  3. la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

Diversamente il beneficio non può essere applicato, ma viene riconosciuto il trattamento regolarmente previsto dal comma 5 dell’art. 51 del Tuir riguardante le indennità di trasferta, le quali concorrono parzialmente alla formazione dell’imponibile Irpef nei limiti e nelle condizioni di legge.

La disposizione, dunque, contiene una norma di interpretazione autentica che, come tale, è in grado di operare anche per il passato. Su questo punto la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha sollevato dubbi di costituzionalità.