Con il decreto legislativo n. 148/2015 è stata portata a compimento la riforma degli ammortizzatori sociali avviata nel 2012 con la legge n. 92 (c.d. legge “Fornero”), portando con sé la diminuzione dei contributi per il settore edile e per le imprese che rientrano nel campo di intervento della mobilità. Nel 2017, infatti, è stata abolita la normativa sulla mobilità e sulla disoccupazione speciale del settore edile con l’abrogazione della relativa contribuzione di finanziamento.
Questo ha di conseguenza portato alla soppressione:
– del contributo ordinario di mobilità, pari allo 0.30% della retribuzione imponibile previsto dall’art. 16, comma 2, lett. a), della legge n. 223/91;
– del contributo d’ingresso alla mobilità, previsto dall’art. 5, comma 4, della legge n. 223/91, dovuto dalle imprese rientranti nel campo di intervento della mobilità nei casi di licenziamenti collettivi soggetti al rispetto delle prescrizioni contenute negli art. 4 e 24 della legge 223/91;
– del contributo aggiuntivo per il trattamento speciale DS per l’edilizia, pari allo 0.80% della retribuzione imponibile, previsto dall’art. 15 legge n. 427/75. Il contributo era dovuto dalle imprese inquadrate con CSC 1.13.XX e 4.13.XX, escluse le imprese dell’impiantistica caratterizzate dai codici di autorizzazione 3N o 3P.
Pertanto non sono più tenute al versamento del contributo per il finanziamento dell’indennità di mobilità:
· Imprese industriali, anche lapidee, con più di 15 dipendenti nel semestre precedente;
· Imprese artigiane dell’indotto con più di 15 dipendenti nel semestre precedente;
· Imprese commerciali con oltre 50 dipendenti in media nel semestre precedente ;
· Agenzie di viaggio e turismo con oltre 50 dipendenti in media nel semestre precedente;
· Imprese della logistica con oltre 50 dipendenti in media nel semestre precedente
· Imprese di vigilanza, anche se costituite in forma di cooperative DPR 602/1970, con più di 15 dipendenti in media nel semestre precedente
· Imprese di mensa e ristorazione in imprese soggette alla CIGS con più di 15 dipendenti nel semestre precedente, limitatamente ai dipendenti addetti all’appalto presso l’impresa rientrante nella disciplina;
· Cooperative agricole e zootecniche legge 240/84 con più di 15 dipendenti nel semestre precedente;
· Settori ausiliari delle Ferrovie dello Stato per il personale in esubero con più di 15 dipendenti nel semestre precedente;
· Vettori aerei e società da questi derivate a seguito di processi di riorganizzazione o trasformazioni societarie, a prescindere dal numero dei dipendenti
· Società derivate da un vettore aereo, costituite per lo svolgimento di attività ausiliarie del trasporto aereo, a prescindere dal numero dei dipendenti
· Imprese del sistema aeroportuale
Le medesime imprese non sono più tenute nemmeno al versamento del contributo di ingresso alla mobilità per i licenziamenti collettivi (art. 4 e 24 legge 223/91) effettuati dal 1° gennaio 2017.
Tuttavia il contributo legato ai licenziamenti collettivi (ticket di ingresso alla mobilità) non va completamente in pensione in quanto, dal 1° gennaio 2017, risorge nella nuova forma della maggiorazione del ticket di licenziamento.
Il ticket di licenziamento, Infatti, nei casi di licenziamento collettivo che non abbia formato oggetto di accordo sindacale (art. 2, comma 35, legge 92/2012) il contributo di licenziamento dovuto nei casi di interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per una delle causali che possono dare diritto alla NASpI per ogni 12 mensilità di anzianità aziendale posseduta dal lavoratore negli ultimi 3 anni, è moltiplicato per tre.