imagesCAEUIDNHAi sensi della legge n. 7 del gennaio 1963 (quindi, oltre mezzo secolo fa), ripresa dall’art. 35 del decreto legislativo n. 198/2006, il c.d. ” codice delle pari opportunità tra uomo e donna”, il licenziamento della lavoratrice ( sono escluse quelle addette ai servizi familiari e domestici) intimato per causa di matrimonio è nullo, con una presunzione relativa che opera nel periodo che decorre dalla richiesta delle pubblicazioni di matrimonio ( che sono quelle affisse nell’albo comunale e non quelle religiose appese alla porta della parrocchia – Cass., 16 febbraio 1988, n. 1651 -) in quanto segua la celebrazione, fino ad un anno dalla stessa.

Fa eccezione il licenziamento per:

  • colpa grave costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto;
  • cessazione dell’attività dell’azienda presso la quale presta la propria attività;
  • ultimazione delle prestazioni per le quali la lavoratrice e’ stata assunta. Ad esempio, è stato ritenuto illegittimo un licenziamento adottato nell’ambito di un appalto di pulizie ove l’impresa subentrante aveva assunto tutti i dipendenti con la sola eccezione di una lavoratrice, in forza a tempo indeterminato, assente per maternità (Cass., 27 agosto 2003, n. 12659);
  • risoluzione del rapporto per scadenza del termine.

Le conseguenze della dichiarazione di nullità sono:

  1. reintegra nel posto di lavoro (la sentenza è provvisoriamente esecutiva), con il pagamento delle retribuzioni dovute dal giorno del recesso fino quello della effettiva reintegra ( somma che, in ogni caso, non può  essere inferiore alle 5 mensilità), detratto l’eventuale “aliunde perceptum”, e delle conseguenti contribuzioni previdenziali ed assistenziali.
  2. la lavoratrice può  rinunciare alla reintegra qualora, entro 30 giorni dal deposito della pronuncia giudiziale o dall’invito del datore a riprendere servizio, se anteriore, chieda il pagamento di un importo di natura economica pari a 15 mensilità calcolate sull’ultima retribuzione di riferimento ai fini del calcolo del TFR (art. 2, comma 3,  del decreto legislativo n.23/2015), senza il versamento, in questo caso, di alcun contributo previdenziale ed assistenziale.

Le dimissioni per causa di matrimonio

Con una FAQ ( la n.3) pubblicata sul sito istituzionale, il Ministero del lavoro afferma  che la dipendente deve “fare” le  dimissioni utilizzando la procedura telematica e, entro un mese, deve convalidarle avanti ad un funzionario della Direzione territoriale del Lavoro.

Alla faccia della semplificazione!