La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza 19 luglio 2017, C‐143/16, ritiene che il datore di lavoro può essere autorizzato a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, quando tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e i mezzi per conseguire tale finalità sono appropriati e necessari.
La Corte di Giustizia UE ha, infatti, ribadito che l’articolo 34 del decreto legislativo n. 276/2003 ha introdotto due diversi regimi non solo per l’accesso e le condizioni di lavoro, ma anche per il licenziamento dei lavoratori intermittenti, in funzione della fascia di età alla quale detti lavoratori appartengono. Infatti, nel caso di lavoratori di età compresa tra i 25 e i 45 anni, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso solo per l’esecuzione di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente, secondo le modalità specificate dai contratti collettivi e per periodi predeterminati, mentre, nel caso di lavoratori di età inferiore ai 25 anni o superiore ai 45, la conclusione di un simile contratto di lavoro intermittente non è subordinata ad alcuna di tali condizioni e può avvenire «in ogni caso», con la precisazione, come osservato dal governo italiano in sede di udienza, che i contratti conclusi con lavoratori di età inferiore ai 25 anni cessano automaticamente quando i medesimi compiono 25 anni.
Ne consegue che la situazione di un lavoratore licenziato in ragione del solo compimento dei 25 anni di età è oggettivamente comparabile con quella dei lavoratori che rientrano in un’altra fascia di età, non costituendo una discriminazione poichè oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale.