Il Ministero del lavoro, con interpello 26 giugno 2014, n. 16, risponde ad una istanza avanzata dalla Confindustria in merito alla possibilità per un fisioterapista di effettuare prestazioni di lavoro autonomo con partita Iva, vincendo la presunzione in virtù della quale è possibile ricondurre le prestazioni di lavoro autonomo ex art. 2222 cod. civ. nell’ambito della diversa forma di natura autonoma della collaborazione coordinata e continuativa a progetto di cui agli artt. 61 e ss. del citato decreto.
Tale presunzione, infatti, viene esclusa, ex art. 69-bis, comma 2, nelle ipotesi in cui la prestazione implichi competenze teoriche di grado elevato ovvero capacità tecnico-pratiche, acquisite attraverso rilevanti esperienze e sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali. Inoltre la presunzione non sussiste, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, in relazione “alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni”.
Con decreto del 20 dicembre 2012 il Ministero del lavoro ha individuato i seguenti criteri di ordine generale:
– gli Ordini o Collegi professionali, i registri, gli albi, i ruoli e gli elenchi professionali (…) sono esclusivamente quelli tenuti o controllati da una amministrazione pubblica di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 nonché da federazione sportive;
– l’iscrizione è subordinata al superamento di un esame di stato o comunque alla necessaria valutazione, da parte di specifico Organo, dei presupposti legittimanti lo svolgimento delle attività.
Per il Ministero del lavoro ai fini della soluzione del quesito, occorre dunque verificare se i due requisiti sopra richiamati siano riscontrabili con riferimento alla figura professionale in esame.
Dalla lettura dell’art. 2 del decreto del Ministero della sanità del 14 settembre 1994, n. 741, si evince che il diploma universitario di fisioterapista abilita all’esercizio della professione. Lo stesso viene, infatti, rilasciato a seguito del completamento del corso di studi e del superamento di un esame finale che involge la valutazione di una specifica Commissione costituita presso l’Università. Il possesso di tale diploma – conseguito ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 502/1992 o di diploma o attestato equipollente ovvero titolo riconosciuto ai sensi della normativa statale vigente – costituisce, inoltre, requisito indispensabile ai fini dell’iscrizione negli elenchi professionali dei fisioterapisti, laddove istituiti con legge regionale.
Pertanto, l’attività svolta dai fisioterapisti può essere ricompresa nell’ambito delle prestazioni professionali di cui all’art. 69-bis, comma 3, con la conseguente esclusione dall’applicazione della presunzione, solo nella misura in cui gli stessi risultino in possesso del diploma abilitante, nonché iscritti in appositi elenchi professionali, tenuti e controllati da parte di una amministrazione pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.