La registrazione di un dipendente che viene ripreso a rubare e/o falsificare l’orario in azienda potrebbe consentire al datore di intervenire disciplinarmente nei suoi confronti. La Cassazione, con sentenza n. 31630/2011 ha specificato che sono legittime le videoregistrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria all’ingresso dei luoghi di lavoro, pur in assenza di un’autorizzazione specifica da parte del giudice, quando il lavoratore non è in atteggiamenti comunicativi, vale a dire, ad esempio, quando manca l’audio.
Se si applicasse questa stessa logica in ambito giuslavoristico, ci troveremmo di fronte a una novità in materia di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
La Suprema Corte ha considerato legittime le videoregistrazioni del dipendente all’interno dei luoghi di lavoro, perché l’attività di controllo messa in atto dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti si limita a registrare comportamenti “non comunicativi”, che non trasmettono alcuna informazione relativa alla personalità morale del prestatore di lavoro, ad esempio attraverso l’audio.
Vige infatti il divieto assoluto di controllare a distanza i lavoratori, così da evitare che questa forma di sorveglianza, promossa dal datore di lavoro, possa sconfinare in azioni ritenute lesive del diritto della persona. Tuttavia, se l’installazione della apparecchiature di videosorveglianza è mossa da esigenze organizzative e produttive o dalla sicurezza del lavoro, la norma prevede che il divieto possa essere rimosso.
Pertanto le videoregistrazioni eseguite nella modalità “senza audio”, dunque, non rientrerebbero nel divieto previsto dallo Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970), con la conseguenza che eventuali illiceità compiute dal prestatore di lavoro, rilevate mediante l’adozione di tali strumenti, potrebbero costituire una valida motivazione per sostenere l’applicazione di una sanzione disciplinare.
Siamo in attesa di ulteriori chiarimenti sull’argomento.