Il modo in cui fronteggiamo gli eventi della vita, e della vita lavorativa, è fortemente legato alla valutazione cognitiva che facciamo di essi. A seconda della percezione della loro problematicità, delle nostre caratteristiche di personalità, delle nostre capacità di adattamento, dei fattori ambientali concomitanti e dell’esperienza di vita, ognuno di noi inscena più o meno rigidamente una serie di comportamenti da “copione”, atteggiamenti già sperimentati nel passato per far fronte a situazioni problematiche riconducibili in qualche modo a quella presente.
Questi “copioni di vita”, formatisi in età infantile (in una fase di totale dipendenza dagli adulti per la nostra sopravvivenza) come modelli di risposte più consone ad ottenere nel migliore dei modi ciò di cui avevamo bisogno, in età adulta non sempre risultano convenienti per superare una difficoltà, affrontare una situazione problematica o per rispondere agli stimoli che provengono dall’esterno; più spesso risultano inutili o addirittura dannosi per noi stessi e per l’organizzazione di cui facciamo parte.
Lo stato dell’Io Adulto della nostra personalità agendo nel qui ed ora ha la capacità di valutare e comprendere la realtà, di prevedere gli esiti delle proprie azioni e di scegliere tra le diverse ipotesi di soluzioni quella che consente di ottenere il miglior risultato, possibilmente con il minor sacrificio possibile. Ri-decidendo per la propria “sopravvivenza” nel presente, scevri dai condizionamenti del passato, ogni uomo diventa padrone ad occhi aperti della propria quotidianità, maggiormente responsabile delle proprie azioni, consapevole della propria capacità di discernimento e della possibilità di costruire il proprio benessere.
Ogni decisione presa in passato può essere ri-decisa, in qualunque momento, affinché possa ristabilirsi il presupposto fondamentale della teoria e della pratica dell’AT: io sono ok e tu sei ok (okness). Tale principio è da intendere come condizione necessaria tanto per sentirsi ok, avere autostima, fiducia nelle proprie capacità pur conoscendo i propri limiti, che come fiducia verso gli altri, con i quali è possibile e positivo instaurare un rapporto paritetico, dal punto di vista umano. Ne consegue che ogni relazione interpersonale sana mira al raggiungimento di tale obiettivo.
Una buona okness richiede di smettere di intrattenere relazioni asimettriche, in cui ci poniamo più o meno consapevolmente al di sopra o al di sotto degli altri. Ogni essere vivente è fondamentalmente ok, ma nonostante cio’, particolari condizioni di vita, e vita lavorativa, minano tale realtà, così da favorire l’insorgere di posizioni esistenziali non-ok. Un trattamento transazionale mira a ristabilire l’essere ok, a deporre i pregiudizi verso se stessi o gli altri e potendo così acquisire una visione meno categorica di cose e persone. Il risultato: acquisire una flessibilità nell’approccio agli stimoli che provengono dall’esterno, siano essi rappresentati da una nuova mansione, o dal confronto con un amico/collega/datore di lavoro, spendibile in termini di maggiore considerazione del proprio valore e degli altri.