La Legge di Bilancio 2018 (articoli 911 e ss. della legge n. 205 del 27 dicembre 2017) ha previsto che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro ed i committenti non potranno più corrispondere ai lavoratori/collaboratori la retribuzione/compenso, nonché ogni anticipo di essa, per mezzo di denaro contante, indipendentemente dalla tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

Il provvedimento mira a realizzare una maggiore trasparenza nella corresponsione degli emolumenti ai lavoratori, ciò a tutela dei diritti dei lavoratori stessi, nonché al fine di contrastare il fenomeno dell’economia sommersa attraverso la corresponsione di valori con modalità di pagamento tracciabili.

Rientrano nella disposizione tutte le tipologie di rapporto di lavoro, sia di natura autonoma che subordinata, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione o dalla durata della stessa.

Le esclusioni dal divieto di pagamento in contanti delle retribuzioni riguardano le seguenti categorie di rapporti di lavoro:

– rapporti di lavoro instaurati con le Pubbliche Amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165);

-rapporti di lavoro domestico (di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339 e a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei CCNL per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale).

Il pagamento della retribuzione effettuato con l’utilizzo di denaro contante, comporterà violazione alla disposizione in oggetto e l’emissione, da parte degli organi di vigilanza, di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro.

Resta inteso che qualora la retribuzione sia superiore ai 2.999,99 euro, si debba fare riferimento alla normativa generale (articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007) che prevede il divieto al trasferimento di denaro contante qualora sia di importo pari o superiore a 3.000 euro. Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.

In caso di violazione alla presente disposizione, il legislatore prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 50.000 euro, che verrà predisposta dagli uffici della Ragioneria territoriale dello Stato.

Concludendo, le uniche modalità di pagamento previste, dal legislatore, dal 1° luglio 2018:

– bonifico (bancario o postale) sul conto – identificato dal codice IBAN – indicato dal lavoratore

– strumenti di pagamento elettronico

– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento

– emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. Viene considerato comprovato l’impedimento qualora il delegato sia: il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.

Spostando l’attenzione sul valore della firma del dipendente sulla busta paga consegnata dal datore di lavoro, vale la pena precisare che l’ultimo periodo del comma 912 chiarisce come la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisca prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. La giurisprudenza di legittimità aveva già più volte affermato e cioè che la sottoscrizione “per quietanza” o “per ricevuta”, apposta dal lavoratore alla busta paga, non implica di per sé l’effettivo pagamento della somma indicata nel medesimo documento, e pertanto non è da ritenersi prova di tale pagamento.

La sentenza n. 9294/2011 stabiliva chiaramente come un in capo al datore di lavoro vi sia l’onere “di consegnare ai propri dipendenti i prospetti contenenti tutti gli elementi della retribuzione e che, comunque, i detti prospetti, anche se eventualmente sottoscritti dal prestatore d’opera con la formula per ricevuta, non siano sufficienti per ritenere delibato l’effettivo pagamento, potendo costituire prova solo dell’avvenuta consegna della busta paga e restando onerato il datore di lavoro, in caso di contestazione, della dimostrazione di tale evento.”