La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10963 depositata l’8 maggio 2018, ha rigettato il ricorso avanzato da un’azienda operante nel settore del pubblico che aveva irrogato una misura disciplinare di esonero per scarso rendimento nei confronti di un proprio dipendente che, con la propria condotta, aveva inciso negativamente sull’efficienza del servizio offerto.

La misura in questione, disciplinata dall’art. 27 del D.R. n. 148/1931, è disposta per sanzionare il lavoratore che per imperizia, imprudenza o mancata diligenza incida negativamente sugli standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni lavorative, compromettendo così gli obbiettivi aziendali.

Non è il caso del dipendente dell’azienda cui si riferisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza il questione, nei confronti del quale l’esonero irrogato dal datore di lavoro risulta illegittimo poiché le ripetute assenze del lavoratore derivavano da motivi legati alla sua salute fisica, così come dimostrato dai diversi certificati medici appropriatamente esibiti.

L’azienda riteneva, dunque ingiustificatamente, il dipendente inidoneo allo svolgimento del lavoro a causa del numero e della collocazione temporale delle assenze riportate che di fatto inficiavano l’organizzazione dell’attività lavorativa.

Il provvedimento era immediatamente impugnato, le doglianze erano accolte sia in primo sia in secondo grado. In particolare la Corte di Appello, confermando la pronuncia del Tribunale, riteneva che il provvedimento adottato dal datore di lavoro era illegittimo in quanto comminato per motivi oggettivi, quali le assenze per malattia, prontamente giustificate.