Il reato di omissione contributiva è reato omissivo istantaneo che si consuma nel momento in cui scade il termine utile per il versamento da parte del datore di lavoro: ossia, il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi.
V’è, tuttavia, una causa di non punibilità prevista dalla norma allorquando il datore di lavoro, che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni del lavoratore dipendente, abbia provveduto al loro pagamento “entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione” (cfr. articolo 2, comma 1 bis, della legge citata).
Per consentire all’interessato l’accesso alla causa di non punibilità vale precisare gli obblighi che competono all’ente previdenziale, al pubblico ministero e al giudice.
L’ente previdenziale ha l’obbligo di assicurare la regolarità della contestazione o della notifica dell’accertamento della violazione (che non è soggetta a particolari formalità: è sufficiente l’invio a mezzo raccomandata spedita sia presso il domicilio del datore di lavoro che presso la sede dell’azienda) e di attendere il decorso del termine di tre mesi, in caso di inadempimento, prima di trasmettere la notizia di reato al pubblico ministero.
Il pubblico ministero, a sua volta, pur non essendogli precluso l’esercizio dell’azione penale, deve verificare che l’indagato sia stato posto concretamente in condizione di esercitare la facoltà di fruire della causa di non punibilità, notiziando, nel caso di esito negativo di detta verifica, l’ente previdenziale perché adempia all’obbligo di contestazione o di notifica dell’accertamento della violazione.
Il giudice di entrambi i gradi di merito, infine, deve provvedere alla verifica che l’imputato sia stato posto in condizione di fruire della causa di no punibilità, accogliendo, in caso di esito negativo, l’eventuale richiesta di rinvio formulata dall’imputato, finalizzata a consentirgli di provvedere al versamento delle ritenute, in ragione del fatto che la legge prevede la sospensione del decorso della prescrizione per il periodo di tre mesi concesso al datore di lavoro per il versamento, sicché tale sospensione giustifica il rinvio del dibattimento anche in assenza di una espressa previsione normativa.
E’ alla luce di questo quadro sistematico che è stata affrontata e risolta la questione controversa: se e a quali condizioni, nell’assenza della contestazione della violazione o della notificazione dell’avviso dell’accertamento, il decreto di citazione a giudizio possa considerarsi atto di contenuto equipollente all’avviso di accertamento, tale da avere consentito all’imputato, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà del pagamento rilevante ai fini della non punibilità.
Al quesito la Corte ha risposto nel senso che il decreto di citazione a giudizio è da considerarsi equivalente alla notifica dell’avviso di accertamento solo se ne contiene gli elementi essenziali (indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute ed il relativo importo, l’indicazione della sede dell’ente presso il quale deve essere effettuato il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità).